Il M5stelle è in fase di trasformazione. Gran parte degli osservatori si concentrano sui leader e sulla competizione politica interna o con gli altri partiti. Invece è più opportuno indagare su com’è cambiato un elettorato che potrebbe riconoscervisi e rivotarlo. La leadership viene di conseguenza… se saprà riconoscere la domanda politica e se saprà soddisfarla per conservare o allargare in consenso di oltre il 30% di italiani che l’aveva votato nel 2018. Una parte di questo elettorato rimane la stessa per almeno tre motivi: (a) perché una quota dell’elettorato si fidelizza non foss’altro che per non smentire se stesso; (b) perché alcuni principi e obiettivi rimangono invariati, quali l’ambientalismo, l’innovazione digitale, il rigore morale, la partecipazione diretta alla politica – al momento non esiste alcuna offerta politica alternativa credibile che parli un linguaggio aggiornato; (c) perché c’è una quota consistente di cittadini desiderosa di cambiamenti e innovazione in tutti i campi – questi cittadini desiderano un vero progresso verso domani e criticano quel dimesso progressismo rivolto al passato e allo stesso tempo sono contrari alle soluzioni demagogiche offerte dalla destra.
Nei dodici anni trascorsi da quanto il M5stelle si è formato, le condizioni politiche, i modi di pensare e gli stessi cittadini elettori sono mutati. La costante interazione politica ne è la causa in una società e in un contesto istituzionale “liquidi”. Riprendendo la metafora di Baumann, anzi superandola, nella “società liquida” si stanno formando dei grumi, delle aggregazioni. L’alleanza con la Lega prima e, soprattutto, quella più naturale con il PD hanno consentito di definire i contorni di un elettorato meno fluido di quanto non lo fosse in passato. Gli elettori dei partiti del ventunesimo secolo non sono sempre e solo quelli che erano, ma sono quelli che diventano. È sempre stato così, ma negli ultimi decenni il mutamento è avvenuto in modo più rapido che in passato. La crisi del 2008 e la pandemia del 2019 stanno ulteriormente accelerando processi che erano già in corso.
In un primo momento, a seguito dell’alleanza con la Lega e al suo repentino fallimento, gli elettori del Movimento hanno dovuto segnare una netta differenziazione con la destra. In quella fase, la componente minoritaria, più protestataria, demagogica e in definitiva di destra, si è spostata nei due partiti che più la rappresentano – Lega e FdI – e si è sentita tradita dal Movimento che ha mantenuto posizioni moderate e ha altresì dimostrato anche lacune dovute ad inesperienza. Un’inesperienza che si sta rapidamente superando: con il tempo si impara. Il Movimento è stato ridimensionato – almeno nelle intenzioni di voto – perdendo un terzo degli elettori del 2018. Quando si è formato il secondo governo Conte, la componente dell’elettorato del Movimento più innovativa e sensibile ai diritti civili e che in passato aveva votato a sinistra, ha trovato una maggiore corrispondenza nell’alleanza con il PD piuttosto che con la Lega. Ma non basta: l’alleanza con il PD ha decretato il riconoscimento politico del M5stelle da parte del PD e dei suoi elettori. Con questa operazione, altre componenti dell’elettorato hanno cominciato a rivolgere la propria attenzione e intenzione di voto a un M5stelle “garantito” dal PD.
Sarà opportuno che un certo cambiamento intervenga anche nel PD e nel suo elettorato per potere operare nel medio periodo (le prossime elezioni del 2023) in sintonia con il M5stelle lasciando a quest’ultimo il compito di aggregare l’elettorato più radicale, giovane e innovativo, e prendendosi la responsabilità della gestione dell’esistente e di rispondere alla domanda dell’elettorato conservatore. La condizione “sine qua non” affinché l’alleanza PD/5stelle possa essere maggioritaria, o per lo meno non incorra in una débâcle elettorale, sta nel rafforzamento del M5stelle e della sua identità innovativa e radicale. Il PD, pur nelle differenze e nei contrasti su singole questioni, ha il compito di aiutare questa crescita del M5stelle e lo spostamento di esso verso posizioni più radicali. Il M5stelle è chiamato a rispettare le posizioni e le competenze del PD ritornando a esso il riconoscimento politico ottenuto. Questo processo è già in corso e dovrebbe essere rafforzato. Il successo sarà tanto più probabile quanto più PD e 5stelle riusciranno a differenziarsi pur rimanendo alleati. Un equilibrio non facile. Naturalmente al PD resta l’opzione di perseguire la formazione di un grande centro conservatore e scaricare il M5stelle.