Come si riconoscono i veri amici? La risposta più comune è che i veri amici sono coloro che si rendono disponibili quando hai bisogno di aiuto. Ma io propendo per un’altra risposta: per me i veri amici sono coloro che ti chiedono aiuto! E lo fanno con semplicità e fiducia in te, senza promettere nulla in cambio. Per qualcuno è doloroso chiedere aiuto, molto più difficile che offrirlo. Perciò chiedere aiuto è una virtù morale persino superiore a quella di concederlo.
Ce l’hanno insegnato Gesù Cristo e i profeti di tutte le religioni. Il cristiano si realizza quando chiede la carità prima ancora di quando la fa.Il coraggio di chiedere aiuto implica altre due grandi virtù: la fiducia nel prossimo e la speranza. Anziché domandarci quali sono i nostri amici, ci dovremmo preoccupare se noi siamo veri amici per gli altri. La più grande manifestazione di amicizia non è aiutare, ma avere fiducia e sentirsi a proprio agio nel chiedere soccorso a chi si ritiene amico. A chi si ha la capacità di considerare amico. È in quel momento che noi ci dimostriamo (dimostriamo a noi stessi di essere) veri amici e riconosciamo nell’altro un vero amico.
Non importa come gli “amici” reagiscono, se ci rifiutano l’aiuto o ce lo concedono: hanno già dimostrato di essere nostri veri amici per il solo fatto che noi stessi abbiamo avuto fiducia nel rivolgerci a loro e non ad altri. Chi ti aiuta nel momento del bisogno esprime un’apprezzabile generosità. Ma una persona dall’animo nobile, nel momento in cui può aiutare qualcuno, non distingue tra amici e altri e tratta tutti allo stesso modo. Non è interessante discutere dell’amicizia intesa come la possibilità di attenderci da alcuni qualcosa che gli stessi invece rifiuterebbero ad altri. Sarebbero persone mediocri che non meriterebbero la nostra amicizia.
L’amicizia non riguarda il comportamento dell’altro, ma piuttosto il nostro sentimento nei confronti dell’altro. Sono capace di affidarmi a un amico? Sono in grado di sacrificare il mio orgoglio per un amico?
****
Tempo fa, Ferdinando Camon replicò queste mie considerazioni citando un pensiero di Dostoevsky: “L’uomo desidera vedere umiliato davanti a sé il suo miglior amico”. Camon aggiunse: “Caro Poli, temo che questo atteggiamento sia, nel nostro inconscio, assai diffuso”.
Io sono più propenso a pensare tutto il bene possibile degli esseri umani e gli ho quindi risposto come segue: “Caro Camon, la citazione di Dostoevsky va in direzione opposta alla mia nota. Ho voluto vedere l’amicizia di chi si fida dell’altro, piuttosto dell’amicizia di chi è generoso e concede. Infatti, concedendo su richiesta, l’amico potrebbe essere tentato di “umiliare” chi gli ha chiesto aiuto, ma in genere questo non succede tra le persone nobili le quali nemmeno lo pensano. Chi viene aiutato e persino umiliato, però non soffre per l’umiliazione proprio perché prova a sé stesso di essersi fidato e quindi di essere stato un animo nobile quale solo chi è capace di amicizia sa essere”.