Come potrò mai sopportare un’altra adolescenza?
Mi sembra di viverla di nuovo… si chiama anzianità. Verso la soglia della vecchiaia. Come sessant’anni fa, percepisco la metamorfosi del mio corpo e l’aggrovigliarsi di diversi pensieri nella mia mente. Allora, le nuove scarpe rapidamente diventavano strette e le maniche di maglioni e pantaloni si accorciavano di mese in mese. Quando parlavo, mi sembrava di sentire un altro. Riflessioni insolite mi assalivano sfuggendo alla comprensione e sfidando i tentativi di metterle in ordine. Se io stesso non sapevo più chi fossi, come avrebbero potuto gli altri ancora riconoscermi? Desideravo giocare con i soldatini, dondolarmi sull’altalena o godere dell’incanto delle giostre. Mi mandavano via perché troppo grosso per l’altalena e avrei voluto ancora giocare come un bambino ma me ne vergognavo. Provavo disagio ovunque mi trovassi.
Oggi mi trovo assalito da sensazioni simili. Percepisco vividamente il cambiamento tornato a essere veloce dopo anni di mutamenti del corpo lenti e graduali che a malapena influivano sulla mia esistenza. Come quel bambino cresciuto che non poteva più andare alle giostre senza essere burlato, oggi desidero fare le cose dei giovani: correre, sciare, iniziare un nuovo lavoro e immergere le mie giornate nelle fatiche professionali, proprio come facevo solo pochi anni fa. L’imbarazzo mi pervade come allora poiché mi ritrovo a desiderare cose inappropriate alla mia età.
La timidezza, che a quindici anni rendeva problematici i miei rapporti con le ragazze, è ritornata. In quei giorni passati, ero troppo timido e piccolo per farmi avanti. Oggi, devo fare i conti con l’afflizione di sentirmi troppo anziano e dissoluto se mi propongo. E se da giovane bramavo con desiderio e paura le ‘prime volte’, oggi mi prende la triste sensazione che buona parte delle ‘ultime volte’ sia ormai alle spalle.
Sono consapevole dell’assurdità che accompagna la mia finzione di mantenere l’energia di un tempo, di contrastare con veemenza lo scorrere inesorabile degli anni e procrastinare un’illusione di giovinezza, per lo meno quella del pensiero. Mi aggrappo disperatamente alle tracce di un’età che sto inevitabilmente abbandonando. Questo struggente ricordo evoca l’essenza dei miei tredici anni, quando l’innocenza spensierata dell’infanzia si trasformava giorno dopo giorno nel rimpianto di un tempo che avevo appena riconosciuto ed era già per sempre perduto.