Il limite dei 30K/h (tratto dal mio articolo su ISOMOTORI)
Alcune città italiane, tra cui Bologna, intendono introdurre il limite di velocità di 30Km/h sulle strade urbane e si pongono come obiettivo di portare a zero gli incidenti. Non è una cosa nuova: l’obiettivo di incidenti zero – che è in effetti un piano molto articolato di interventi – risale agli anni Novanta e fu introdotto in Svezia per la prima volta. La strategia venne approvata dal Parlamento svedese nel 1997 e da allora si tenta di applicarla con buon successo.
Ogni volta che capita un infortunio sul lavoro si grida allo scandalo – e giustamente – ma per le migliaia di vittime della strada si sorvola come se fossero un destino ineluttabile. Gli interventi per portare a zero gli incidenti partono invece dal presupposto che tutti gli incidenti si possono prevenire. Inoltre, anziché pensare a condurre i comportamenti umani al livello di perfezione e di completa obbedienza alle regole, tengono conto che essi sono per loro natura soggetti a errori.
Infine – e qui rientra la questione del limite – forse non si potranno eliminare del tutto gli incidenti, ma sicuramente si possono eliminare quelli gravi e mortali.
D’altra parte, il limite di 30Km/h in città non cambia quasi per niente la situazione. È un’illusione e una prepotenza pensare che senza questo limite si possa arrivare prima. Infatti, la velocità media dei mezzi pubblici e privati è persino inferiore e quindi il limite di velocità non solo non ti fa arrivare in ritardo, ma rende più fluido, meno aggressivo e più educato il traffico.
Questa impostazione è stata applicata oltre dieci anni fa in molte città europee e in tutta l’area metropolitana della vicina Grenoble, con l’ovvia eccezione di poche vie di attraversamento e tangenziali.
I sensori e i cruise control di cui sono dotate ormai tutte le auto, consentirebbero una sicurezza e un confort di viaggio superiori, accanto alla riduzione di consumi, inquinamento e stress. I limiti di velocità si sono dimostrati efficaci nel ridurre consumi, inquinamento e incidenti su base duratura e non hanno ridotto la velocità media che è determinata dagli ingorghi e dalla durata delle fermate più che dalla velocità di percorrenza nei diversi tratti.
Quando fu presentato il piano di Grenoble, la società di trasporto pubblico protestò sostenendo che il limite avrebbe penalizzato la velocità di percorrenza. I tecnici e i politici fecero rilevare che la velocità media degli autobus era già inferiore ai 30Km/h e quindi in concreto non vi sarebbe stato alcun rallentamento bensì una probabile maggiore velocità e minore stress per i conducenti di autobus e tram. L’introduzione del limite non è la soluzione unica e definitiva, come d’altronde non lo è nessuna. Ma si presta a riconsiderare il problema dell’inquinamento in un sistema complesso di interventi collegati.
La lentezza del traffico introdurrebbe anche la buona abitudine di ‘fare la fila’ anche quando si guida sulle strade così come abbiamo imparato a farla nei supermercati, agli uffici, in banca. Sapendo che non si può andare più veloci, non ci saranno più pericolosi sorpassi che non sono altro e saranno considerati solo atti di maleducazione e prepotenza.
Il traffico rallentato, ma fluidificato al punto da consentire di evitare ingorghi grazie a interventi integrativi, favorisce anche la mobilità ciclabile e giustamente reprime coloro che usano a sproposito e malamente veloci monopattini e biciclette a pedalata assistita più pericolosi talora delle stesse auto.
A parte l’obiettivo della sicurezza, il limite dei 30Km/h consente di vivere e muoversi in città con maggiore tranquillità, meno rumore, meno inquinamento e più rispetto per chi va a piedi o in bici.
Purtroppo, questo opportuno provvedimento è stato mal presentato e interpretato: si è parlato in termini di divieti, limiti e sanzioni anziché di sicurezza, tranquillità, civiltà e buona educazione suscitando paure e resistenze del tutto ingiustificate.