Progressisti e innovatori: un accordo strategico
Dalla vecchia sostenibilità alla transizione ecologica
In tutta Europa e negli Stati Uniti la paradossale parola d’ordine dei sedicenti progressisti è diventata “difendiamo l’ordine costituito”. Se qualcuno sostiene che questo ordine fa schifo ed è tutto fuorché in ordine, si risponde con la fatalistica formula: “non c’è alternativa”. Gli americani la sintetizzano nell’acronimo TINA (there is no alternative)! La difficoltà di trovare un’alternativa deriva prima di tutto dalla difficoltà di definire cosa significhi oggi essere progressisti. In secondo luogo, chi è davvero disposto a cambiare. Il termine è vecchio, rappresenta il passato e viene pronunciato solo dagli anziani che vedono il futuro come il domani di ieri. Mentre i veteroprogressisti del Novecento procedevano lungo una via segnata, oggi si richiede di “innovare” tracciando nuovi percorsi. Il cambiamento sarà più rapido o più graduale, ma di certo va ripensata la direzione che non è più quella immaginata dai veteroprogressisti. Il termine “progressismo” si combina con un altro termine che ha fatto il suo tempo e che risale agli anni Ottanta del Novecento: lo “sviluppo sostenibile” (la “sostenibilità”) non è più idoneo ad affrontare le problematiche ambientali tanto che oggi si comincia timidamente a sostituirlo con la più aggiornata proposta di “transizione ecologica”. Senza che gran parte di chi ne parla sappia cogliere ancora la differenza.
Una parte importante dell’elettorato, potenzialmente maggioritaria, invece, esprime una domanda politica di reale innovazione associata in certa parte alla transizione ecologica. La trasformazione di questa domanda politica virtuale in elettorato e in rappresentanza dipende da come sarà costruita l’offerta da parte delle organizzazioni politiche. Il PD e il M5stelle, alle soglie di un’alleanza strategica dopo la collaborazione di governo, sono le compagini politiche più propense a rappresentare la domanda di innovazione sociale e della transizione ecologica. L’ipotesi base è che oltre agli “innovatori creativi”, il resto dell’elettorato si divida tra conservatori-riformisti, e neotradizionalisti. I veteroprogressisti, ancora numerosi, costituiscono un elettorato fluttuante e composito che può essere convinto a trasformarsi in “innovatore” oppure a rifluire tra i conservatori-riformisti; più difficilmente aderirà ai neotradizionalisi anche se alcuni di loro condividono qualche contenuto anche con questo gruppo sociale. Dai neotradizionalisti, invece, provengono proposte altrettanto innovative e costituiscono una potenziale maggioranza sia pure su basi diverse dagli innovatori creativi.
Queste tre componenti dell’elettorato sono variegate al loro interno e sono presenti in tutta Europa e negli Stati Uniti in forme simili. La tripartizione, proposta per semplicità analitica, in Italia s’è consolidata anche a livello elettorale sia pure senza una vera presa di coscienza in quanto manca un linguaggio adatto e aggiornato. Da ormai quasi dieci anni il voto popolare si concentra su tre raggruppamenti che si dichiarano inconciliabili e di conseguenza i governi si formano in Parlamento piuttosto che emergere dalle urne. L’offerta politica è confusa e incoerente da parte delle organizzazioni politiche – partiti, movimenti, liste – e perciò una buona parte dell’elettorato risponde all’emotività del momento piuttosto che a programmi.
In Italia, il trauma della pandemia è stato preceduto da quello delle elezioni del 2018 e dalla formazione di un’alleanza tra Lega/5stelle che ha portato al governo organizzazioni politiche con programmi antisistema. Nonostante il governo antisistema sia durato solo un anno, è stato fondamentale nel ridefinire elettorati e alleanze, prima tra tutte quella tra PD e 5stelle che potrebbe diventare solida, duratura e, auspicabilmente, strategica. Purché si riempia dei contenuti che propongo in un saggio in corso di redazione. Suggerirei di cambiare nome al M5stelle di Conte sottolineando la componente radicale e ambientalista per differenziarlo dal PD il cui nome, visto l’elettorato anziano e conservatore che ha, fa bene a mantenere.