Il vento dell’ovest soffia sulle braci Ucraine
Nelle ex repubbliche sovietiche, compresa l’Ucraina, vive un’elevata quota di popolazione russa e la lingua russa è stata ed è tuttora la lingua franca e colta di tutta l’area. Lo era anche prima della formazione dell’URSS. Oggi, i russi rimasti nelle repubbliche baltiche e in Ucraina sono diventati cittadini di serie B e il russo, nonostante sia parlato comunemente da gran parte, se proprio non da tutta, della popolazione non è riconosciuto come lingua nazionale.
Questo processo di de-russificazione è stato condotto sistematicamente dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica dai partiti filooccidentali sostenuti dagli Stati Uniti e un po’ meno dall’Europa. A questo si è aggiunta la costante ingerenza negli affari russi – al tempo di Eltsin – e in quelli delle ex repubbliche sovietiche. Non sono pochi i russi, nati e cresciuti da generazioni in Lituania, Lettonia, Estonia, Ucraina e altre repubbliche, costretti a trasferirsi in Russia o altrove a causa delle discriminazioni. Il caso della Crimea e del Donbass sono emblematici: la maggioranza della popolazione è russa e avrebbe potuto continuare a risiedervi senza problemi se fosse stata loro riconosciuta la propria identità e autonomia.
La riannessione della Crimea, dove c’erano basi militari navali russe legittimate da trattati internazionali (così come noi abbiamo quelle americane in Europa), è diventata necessaria dopo che in Ucraina è stato installato un governo fantoccio degli USA che metteva in discussione la secolare presenza russa in Crimea e metteva in discussione le basi militari. Già sei anni fa, soldati NATO georgiani furono inviati ad addestrare i militari ucraini. Paradossalmente l’addestramento avvenne in lingua russa. L’attacco alla Russia è stato preparato da ormai molto tempo e sostenuto dai media che hanno ripreso la narrazione della guerra fredda.
L’imperialismo americano va fermato e l’Europa – che subirebbe i danni maggiori da una guerra – dovrebbe intervenire e non subire un alleato da sempre prepotente e sempre più scomodo. La nostra cultura, i nostri interessi e la nostra democrazia si tutelano meglio mettendo in pratica i principi piuttosto che venendo meno a essi come successo dalla guerra in Vietnam alla vergogna dell’attacco in Iraq e ai vent’anni di tentata occupazione dell’Afghanistan, per non parlare di altre cento guerre minori.
Gli Stati Uniti da soli spendono il 40% di tutte le spese militari del mondo (la Cina il 13%, la Russia il 3% – Fonte: Stockholm International Peace Research Institute). Più che mettere in discussione l’atlantismo – che è di fatto una costrizione – dovremmo batterci per la pace e contro la prepotenza del dispositivo militare americano che nulla ha a che vedere con i valori occidentali di tolleranza, democrazia e umanesimo che tradisce anziché promuovere.
Su Russia Today va ripetutamente in onda la dichiarazione di Powell che confessa come l’esistenza di armi di distruzione di massa in Iraq fu una clamorosa falsità e un pretesto per muovere una guerra che costò un milione di morti, la nascita dell’ISIS e la destabilizzazione della regione. L’occidente fa una pessima figura di fronte a coloro che chiama assassini (cfr. Biden) comportandosi in modo anche peggiore. Se siamo veri occidentali, ci dobbiamo opporre.