In questi mesi capita che, se qualcuno solleva critiche alla politica degli Stati Uniti e dei Paesi occidentali, venga tout-court tacciato di “antiamericanismo”, spesso anche in modo aggressivo. Nessuna sorpresa: oggi il linguaggio violento e lo schierarsi in fazioni rifiutando ogni dialogo critico costituisce il modo di porsi usuale in una società logora e stressata.
Di fatto, all’antiamericanismo si oppone lo speculare pregiudizio “americanista”.
Uno dei campioni di questo modo di (non) pensare è Federico Rampini. Con un provincialismo alquanto grossolano, imita vecchi personaggi della TV americana (Larry King in bretelle), ripete luoghi comuni e atteggiamenti tendenti a esaltare a priori la superiorità degli Stati Uniti minimizzando le falle strutturali che il sistema politico d’oltreoceano ed europeo stanno rivelando.
Rampini è la versione aggiornata di Alberto Sordi in “Un americano a Roma”.
Poiché il conformismo di oggi, in U.S. come in Europa, sposa la causa dei “liberal” che erano i progressisti di mezzo secolo fa, pretende di essere colto e frequenta salotti urbani dove si discetta di emarginati del profondo sud, immigrati e ghetti urbani nei quali non ha mai messo piede.
Non gliene si può nemmeno fare una colpa: non è uno studioso, ma un giornalista che riporta, per mestiere e a pagamento, quanto gli viene suggerito senza il rigore e l’approfondimento richiesto a un vero studioso. Sono tra l’altro convinto che Rampini sia in buona fede e creda a quello che scrive poiché è proprio delle persone superficiali non avere né esprimere dubbi.
Il problema non è suo, ma di chi scambia le sue affermazioni per elaborazioni intellettuali e fatti provati.
Noi non pratichiamo l’antiamericanismo perché rifiutiamo l’americanismo.
Abbiamo imparato proprio dalla modernità, dall’illuminismo e dalle rivoluzioni americana e francese che l’umanità è unica e i valori non sono “nostri” ma universali. E, soprattutto, con la fine del colonialismo (esplicito) abbiamo imparato a (fare finta di) rispettare le diverse declinazioni dei valori universali e a batterci contro ogni forma di imperialismo, egemonia e supremazia culturale. Non c’è nulla di più autenticamente antiamericano che considerare gli Stati Uniti al di là del bene e del male e il faro della civiltà da seguire. Ci sono altri modi di elaborare quei valori umani di libertà e giustizia sociale in cui ci riconosciamo.