C’è una differenza antropologica – culturale e psicologica – tra chi è di destra e chi di sinistra nei confronti del rischio in generale e della pandemia in particolare. Non esaurirò in queste poche righe un tema così complesso, ma propongo comunque alcune osservazioni che dalla pandemia possono condurre a generalizzazioni.
La cultura di destra tende a sottovalutare i rischi, è disposta a “vivere pericolosamente”, a pensare che alcune “perdite” siano necessarie al progresso della specie umana considerata superiore e padrona di tutte le altre. Di conseguenza ripone fiducia nelle tecnologie e in un continuo progresso lungo le linee note: quindi è allo stesso tempo innovatrice e conservatrice. Insomma, la destra opta per fare tutto ‘come prima’, anche progredire ‘come prima’ cioè all’interno dei medesimi paradigmi; per vivere la vita senza paure eccessive e se ci si ammala o si incorre nel rischio nucleare o ambientale in genere, si rimedia. Si dovesse persino morire, si sa che si correva il rischio.
E degli altri la destra non si preoccupa? Solo fino a un certo punto, sulla base dell’idea più o meno conscia che è opportuno mettere in pratica un darwinismo biologico e sociale in cui sopravvive che è più forte e più adatto. La contraddizione è che, nonostante questa impostazione, quelli che rifiutano le precauzioni e vogliono rischiare, poi chiedono aiuti allo Stato. A guardare bene, però, non lo chiedono, piuttosto lo pretendono e cercano di prenderselo con la forza, non perché lo considerano un diritto, ma perché fa parte della mentalità di destra competere con tutti i mezzi per prevalere sugli altri.
La cultura di sinistra, al contrario, considera un progresso ridurre i rischi, vivere in modo tranquillo, rispettare la vita umana nel modo più esteso possibile, tutelando la salute, l’incolumità fisica e la protezione dai rischi economici. Guarda agli altri, ai diversi e ai deboli in genere come possibilità di apprendere e di cooperare. Tollera le diversità e si preoccupa di non entrare in conflitto con i diritti umani delle diverse comunità. Considera la specie umana responsabile per la conservazione dell’ambiente e, pur non essendo contraria alla tecnologia e alla scienza, ne riconosce i limiti e valuta la possibilità di procedere su vie diverse da quelle attuali. Fa affidamento sullo Stato di diritto e sulla solidarietà individuale, organizzata e pubblica.
I valori della sinistra così come li ho espressi possono sembrare positivi e quelli della destra negativi perché questo è il modo di pensare predominante oggi e anche la destra in parte vi si adegua almeno apparentemente. Ma non è del tutto vero: la competizione e il darwinismo sociale, il liberismo e anche l’assunzione di rischi possono costituire valori positivi che portano al progresso. Purché siano coerenti e sappiano prendersi le responsabilità di subire le conseguenze dei rischi. E purché accettino che la sinistra si opponga a loro con una diversa forza, più intellettuale e meno fisica.
Né si deve sottovalutare il “pericolo” che una società e degli individui incapaci di assumersi rischi, troppo fiduciosi nel prossimo e alla ricerca della sicurezza sotto tutti i punti vista potrebbe addormentarsi in un conservatorismo comatoso. Per questo è utile che la società sia bipolare e sappia alternare una contenuta euforia a una depressione moderata. Si potrebbe supinamente concludere che la virtù risiede nel mezzo; ma esiste anche una quarta ipotesi: la virtù sta nell’alternanza delle due condizioni.